Che cosa è la pigrizia
La pigrizia è uno stato mentale nel quale avviene una specie di paralisi della volontà ove l’entusiasmo, una delle 7 emozioni primarie, risulta quasi completamente assente. E sappiamo, da sempre, quanto importante sia il poter padroneggiare in libertà questa funzione (cfr. Dante Alighieri, canto V del “Paradiso”: “Lo maggior don che Dio… fesse creando… fu de la volontà la libertate…”). Nella catechesi cristiana il termine, associato all’accidia, è annoverato tra i sette vizi capitali, anche se forse è il più lieve. Infatti, non sempre è dannosa; alcune volte serve per recuperare le energie dopo una lunga fatica. Tutt’altro discorso è se ci si trova dinanzi a una qualche forma di apatìa congenita; in questo caso, bisogna davvero preoccuparsene e intervenire.
Quando la pigrizia diventa patologia
Esistono varie metodiche psicometriche per la valutazione quanti e qualitativa della pigrizia in àmbito caratteriale e comportamentale, per cercare di individuare e/o escludere quella endogena; quest’ultima è assai difficile da curare. Non va confusa con l’atteggiamento prudenziale di fronte al rischio sotteso a qualsiasi nuova azione da intraprendere. Infatti, prima di mettere in atto un qualsiasi progetto, vanno esaminati con accuratezza i pericoli ai quali si va incontro e studiare bene le correzioni da apportare, specie se si prevede qualche inconveniente in corso d’opera. Ecco un paio di esempi chiarificatori: se c’è da affrontare un impegno economico, come avviene per l’apertura di una nuova attività, è bene impostare un business plan e ponderare tutte le variabili in gioco. Così se ci si trova dinanzi ad importanti scelte di vita, come il matrimonio, la pianificazione di una gravidanza, il cambio di attività.
La consuetudine assai diffusa di procrastinare le decisioni da prendere prima di affrontare un importante cambiamento, può rivelarsi salvifica se utilizzata per valutare le eventuali conseguenze negative durante il realizzarsi dei piani progettuali; di tutt’altra natura è l’inerzia totale, l’indecisione costante dinanzi a una qualsiasi scelta da operare, anche la più banale. Esistono specifici test psicologici (il Rorschach, il Minnesota Multhiphasic Personality Inventory [MMPI], il Khiehe, il Berchtold & Kleinmann… ed altri meno noti e più o meno standardizzati), per chiarire se siamo di fronte ad una situazione di pigrizia patologica. Di norma, i primi ad accorgersi di comportamenti anomali sono i famigliari conviventi.
Alcune tecniche di psicoterapia prevedono il ricorso alla meditazione con il conseguente raggiungimento del silenzio interiore. Questa modalità potrebbe essere definita con il termine di pigrizia terapeutica, utile e necessaria nella scelta ponderata tra le possibili soluzioni al problema da risolvere; dopo il raggiungimento della quiete interiore, tra le varie opzioni analizzate in autonomia dal potere logico mentale, tende ad affacciarsi per prima quella giusta (cfr. gli scritti di A. Brugnoli), simile al sottile lavorìo di equilibrismo esperienziale automatico messo in atto dal fantino, alla guida del suo cavallo, durante una importante competizione (cfr. il mito dell’auriga di Platone).
Il rischio sotteso all’atteggiamento del procrastinare, cioè del rinviare sempre anche quelle decisioni che potrebbero essere assunte di getto, è di impattare l’effetto valanga: nuovi fattori peggiorativi potrebbero aggiungersi alla situazione contingente, spesso legati alla sola paura di sbagliare. Sintetizzo: il terapeuta, una volta analizzate cause e circostanze, deve verificare se si trova di fronte ad un semplice processo logico prudenziale o ad una qualche forma di abulìa costituzionale.
La diagnosi
La diagnosi è di fondamentale importanza. Va esclusa, in prima istanza, quella forma di pigrizia secondaria ad alcune patologie delle quali ne rappresenta, l’epifenomeno come, ad esempio, in concomitanza della sofferenza indotta; un trauma, una semplice febbre, un dolore fisico o psicologico, una indisposizione, quando si presentano, sono la causa che impedisce al soggetto di avere la mente lucida e pronta per agire, fino alla totale immobilizzazione decisionale. Tra le patologie psichiche figura al primo posto la depressione in tutti i suoi aspetti, palesi e nascosti.
Inoltre, occorre riflettere bene se ci si trova di fronte ad una qualche forma di insicurezza causata da scarsa autostima, passando attraverso i possibili blocchi psico-emozionali interiori.
Cosa si può fare per uscire dalla pigrizia patologica?
La psicoterapia individuale rappresenta il trattamento di elezione per la pigrizia, in tutte le sue varie e complesse declinazioni.
Anzitutto, il terapeuta deve individuare, con accuratezza assoluta, quali ne siano le cause e stilare una mappa nosografica sulla scorta delle parole–chiave fornite dal/la paziente. Qui viene in aiuto la tecnica del Conversazionalismo di Giampaolo Lai. Analizzando, oltre alla semantica, la ripetitività e la frequenza di alcune parole nel contesto degli avvenimenti riferiti in setting, si può risalire a cause e circostanze del disagio da trattare; ecco il possibile elenco dei termini sui quali indagare:
Abulìa
Tendenza a procrastinare
Insicurezza emotiva
Trascuratezza dell’igiene personale
Tono dell’umore
Lasciare cronicizzare le prime avvisaglie del disturbo senza intervenire esporrebbe il/la paziente al rischio dell’isolamento e del ritiro sociale progressivi, fino alla forma più grave denominata: sindrome Hikikomori.
Il trattamento consiste nella ricerca condivisa degli stili di vita da cambiare, lavorando con la leva razionale, sempre nel pieno rispetto delle decisioni da assumere sempre e solo indicative, mai impositive; ciò al fine di ri-orientare l’interesse del/la paziente verso i suoi desiderata e cercare di riaccendere l’emozione “entusiasmo”. Si riesce ad avviare un processo virtuoso di cambiamento quando (e se) lui/lei comprende pienamente il concetto dell’importanza di non farsi più divorare la vita dal tempo che scorre (cfr. il mito di Cronos).
L’aspetto più difficile del percorso terapeutico consiste nella ricerca delle chiavi di accesso al dominio mentale della funzione volitiva (cfr. il paradigma di V. Alfieri “Volli, sempre volli, fortissimamente volli”).
Ciascun individuo possiede in nuce la predisposizione a migliorare. Le tecniche ipnologiche sono di grande ausilio nel risolvere la maggior parte delle situazioni sopra descritte.
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