Che cosa sono ansia e panico
Il lemma deriva da PAN, creatura mitologica metà uomo e metà divinità, quindi non degna di dimorare nell’Olimpo. Secondo la fantasia degli antichi Greci, aveva la prerogativa di mimetizzarsi nel bosco e di emettere urla poderose in grado di spaventare gli incolumi passanti, senza essere visto da loro. Ciò sta ad indicare che il fenomeno era già noto a quei tempi.
Si parla oggi di attacchi di panico – panic attack/s o panic disorder in acronimo rispettivamente (PA/s) e (PD) – ad indicare un complesso fenomeno sintomatologico piuttosto diffuso, talvolta sottovalutato e, quindi, non curato (cfr. DSM-5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). E’ solito esordire nel passaggio evolutivo tra adolescenza e prima età adulta ed ha una incidenza nettamente prevalente nel sesso femminile. Si stima che in Italia ne soffrano circa 10 milioni di persone.
Nei casi di lieve o modesta entità guarisce spontaneamente ma, quando génera difficoltà tali da compromettere la qualità di vita di chi ne soffre, è consigliabile rivolgersi al proprio Medico di fiducia il quale, semmai, lo indirizzerà ad uno Specialista.
Come si sviluppano ansia e panico
Per comprendere bene il come e il perché si sviluppi, occorre rifarsi alla Paura e all’Ansia.
La paura appartiene al campo delle 7 emozioni primarie (cfr. Jaak Panksepp) che, insieme alla rabbia e alla tristezza, fa parte di una triade strutturata di modalità della coscienza di percepire il negativo interiore o intorno a sé; le tre emozioni al positivo sono: l’attrazione fisica, l’attrazione spirituale pura e la gioia; le funzioni di timone di tutte le sei emozioni appena sopra elencate sono svolte dalla settima: l’entusiasmo. Questo assetto consente a ciascun individuo, animali compresi, di coinvolgersi in modo partecipato all’accadimento in corso se è conveniente, oppure di difendersi se ritenuto dannoso al proprio equilibrio. Quando le emozioni esplodono, come prima reazione si scatena l’ansia, una specie di vento sempre più tempestoso quando e se rinforzato dalla tristezza e dalla rabbia. La paura immobilizza completamente il soggetto il quale, colto da una crisi di panico, perde il controllo razionale della situazione; un black out temporaneo, somigliante ad un accesso epilettico, con il quale occorre saper porre la diagnosi differenziale. Ci sono elementi semeiologici ben precisi, nelle due specie di crisi, che di certo non sfuggono all’attenzione del medico.
Non è solo questa la condizione scatenante l’ansia. Ci sono almeno altre due situazioni: la prima è quella indotta da terzi. Chi ne è affetto la può trasmettere a chi gli sta vicino: quasi una forma di contagio interumano. Se non si ha una buona capacità neutralizzante si viene indotti a diventare ansiosi, anche senza accorgersene. La seconda è quella scatenata da uno stress; la gravità di esso determina il livello ansiogeno della risposta. Per questi motivi non c’è una sola ed univoca definizione dell’ansia, per altro, tutte da ritenersi valide.
Sindromi da interconnessione tra ansia e depressione
La Comunità Scientifica è, oggi, propensa a ritenere Ansia e Depressione quali elementi costituenti un binomio indivisibile di una particolare e inconfondibile sofferenza percepita.
L’ansia è un fenomeno legato a tempeste emotive endogene discordanti tra loro. La corteccia cerebrale ne prende semplicemente atto e non riesce a trovare né una spiegazione plausibile, né un rimedio razionale al suo superamento. Il Medico di MG propone in questi casi, in verità molto frequenti, un rimedio farmacologico a base di benzodiazepine. Ma il problema rimane sempre lì. Spesso all’ansia si associa l’apprensione creando nell’animo un malessere ancòra più forte.
La depressione secondaria o reattiva la si può considerare una specie di ipertrofia dell’emozione principale denominata “tristezza”, da tenere accuratamente distinta dalla D. Primaria o Endogena, patologia di competenza squisitamente psichiatrica.
Quando ansia e depressione (secondaria) si sommano nello stesso paziente, si struttura uno stato di sofferenza ove è difficile considerare distinti i sintomi derivati dai componenti singoli di questa associazione. Il soggetto si sente preso in trappola e non sa come venirne fuori. Altra caratteristica è quella di indurre, con pari entità, analogo meccanismo reattivo nelle persone care al/la paziente: una specie di contagio psichico. Anche queste manifestazioni trovano una spiegazione plausibile nella risonanza spontanea generata dai neuroni specchio.
Lo Psicoterapeuta viene interpellato (o imposto da un famigliare) come fosse un taumaturgo capace di cancellare le motivazioni alla base di quel certo processo, causa di sofferenza. Negli eventi catastrofici o in concomitanza di un grave lutto, come primo passo occorre sapere aiutare il/a paziente a mentalizzare i fatti accaduti. Se si raggiunge un livello accettabile di presa d’atto, si può passare ad un livello successivo nel quale, insieme, si cercano nuove motivazioni, interessi e persone vicine affettivamente, insieme alle quali impegnarsi per ricostruire motivazioni e fissare obiettivi. La capacità resiliente (di questo si tratta) è prerogativa personale di ciascun soggetto.
Di tutt’altro tenore è la ricerca analitica quando la Sindrome Ansioso-Depressiva è scatenata da fattori più subdoli. Di fondamentale importanza è l’approntamento di una diagnosi; il sintomo potrebbe talvolta slatentizzare un processo psicotico misconosciuto. In questi casi occorre valutare bene la possibilità di affrontare la sindrome principale per studiare una qualche soluzione, anche se con l’aiuto di farmaci appropriati. Se, invece, si tratta di una reazione secondaria ad accadimenti imprevisti, come una delusione sentimentale, un problema in àmbito lavorativo, un cambio di residenza, il pensionamento, il matrimonio di un/a figlio/a o fattori similari, la leva più adatta è quella individuabile nel complesso sistema dell’Autostima. Ripristinando alcuni sottili meccanismi, si possono ottenere importanti risultati.
Metodologie di cura dell’ansia
Il/a paziente chiede di essere aiutato/a senza dover ricorrere all’ausilio dei farmaci. In tutto il mondo occidentale il consumo degli ansiolitici è molto elevato. Il medico è spesso costretto ad abbinare alle benzodiazepine un timolettico, per regolarizzare al meglio il tono dell’umore. Tutti gli psicofarmaci hanno, purtroppo, il difetto dell’assuefazione e della, seppur modesta, dipendenza. Per questi motivi l’impegno dello psicoterapeuta diventa una scommessa da vincere a tutti i costi.
Il primo traguardo da raggiungere è il controllo dell’ansia. Lo si può ottenere con una metodica rilassante e con l’allenamento conseguente alla tenuta dello stato di calma. L’Ipnosi, per gli Occidentali, è da privilegiare rispetto a tutte le altre, così come lo sono lo Yoga e la meditazione nelle culture orientali. Una volta consolidata la capacità del self control, si passa con metodologìa cognitivo – comportamentale a governare le emozioni primarie, facendo leva sull’entusiasmo. Occorre arrivare a far prevalere le capacità razionali in modalità solving problem, fino ad acquisire abilità tali da saper fronteggiare i numerosi inconvenienti che si presentano nel quotidiano.
Ecco il motivo per il quale è fondamentale un buon rapporto terapeuta – paziente e la predisposizione di quest’ultimo al cambiamento.
Casi di cura dell’ansia
Cito brevemente la storia di I., impiegato presso una importante Ditta ove si era sempre comportato bene. Per strane dinamiche di ignota natura, il mio paziente fu fatto vittima dai suoi Superiori di demansionamento ed emarginazione. Essendo un soggetto piuttosto introverso, non sono riuscito a reperire intorno a lui testimoni in grado di aiutarlo in un percorso giudiziario. Ho aperto un procedimento presso l’INAIL di competenza e l’ho avviato al Servizio di Psichiatria di competenza il quale condivise con me la diagnosi di Sindrome ansioso-depressiva secondaria. Gli vennero prescritti farmaci. Lungo e complesso si rivelò l’iter burocratico per ottenere il riconoscimento a suo favore di malattia professionale. A quel punto, il top management della Ditta comprese con esattezza quanto era avvenuto e finalmente lo ripristino nelle mansioni adeguate al suo profilo. Ci volle qualche mese ancòra per aiutarlo a distaccarsi dall’uso dei farmaci. Complessivamente, sono trascorsi circa due anni e mai nessuno gli potrà restituire il tempo della sofferenza. Elemento determinante è stata la fiducia del mio paziente sia sulle proprie capacità di resistenza ai soprusi subìti e sia nel legame profondo professionale e fiduciario che si è andato progressivamente sviluppando tra di noi.
A conclusione, mi permetto di citare il caso di un signore, giunto qualche anno fa alla mia osservazione, per una nevrosi d’ansia stabilizzata nel tempo; la causa principale era dovuta a conflittualità reiterate con un condòmino, spesso, per futili motivi; un continuo farsi dispetti reciproci. Lo convinsi a cambiare abitazione. Quando ciò avvenne fu una vera e propria liberazione; molti dei suoi disturbi si dissolsero come neve al sole.